Un piccolo riepilogo sulle farine e i lieviti in commercio: che differenza c’è tra le varie tipologie, e a che cosa servono in cucina.
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I lieviti e gli agenti lievitanti
Le Farine
Il termine farina indica un prodotto ottenuto dalla macinatura di cereali o altri prodotti (per es. legumi). In generale però, nell’uso comune, il termine identifica la farina di grano tenero, utilizzata in cucina per la produzione di impasti dolci e salati e di pasta all’uovo. La farina di grano duro è invece normalmente detta semola, ed ha una consistenza granulosa ed un colore giallognolo.
Le farine di grano tenero si diversificano in base alla raffinazione che subiscono in fase di produzione:
Farina di tipo 00: è la più raffinata e si utilizza principalmente per gli impasti dolci che devono risultare più soffici. E’ bianchissima e impalpabile al tatto. Nelle ricette americane normalmente viene indicata con pastry flour o cake flour (farina per pasticceria o per torte)
Farina di tipo 0: meno raffinata della precedente, è da preferire per gli impasti lievitati e per la pasta all’uovo. In inglese si indica normalmente con il termine all-purpose flour (farina per tutti gli usi). Anche questa farina comunque risulta molto bianca e impalpabile.
Farina di tipo 1 e 2: sono dette anche farine semi-integrali: il chicco non viene completamente raffinato e mantiene al suo interno anche una parte di crusca.
Farina integrale: è la farina vera, contiene tutte le parti del chicco di grano inclusa la crusca. Al tatto risulta più grossa e meno impalpabile, gli impasti risultano più saporiti ma più pesanti. Normalmente si utilizza miscelata alla farina 0 oppure 00, altrimenti la lievitazione risulta molto difficoltosa.
Il fattore W
Per diversificare le farine e permetterne una categorizzazione più precisa in base alla tipologia di impasto da produrre, è stata introdotta la valutazione del FATTORE DI PANIFICABILITA’, indicato con la lettera W.
Più il valore W aumenta, più la farina contiene glutine, quindi assorbe più acqua durante l’impasto e il reticolo delle sue fibre sarà più tenace; la lievitazione è più lenta. Viceversa, una farina con un basso valore W assorbe meno acqua, produce in impasto che lievita in fretta e che risulta più morbido e meno consistente, in quanto è presente meno glutine.
All’incirca, l’indice è il seguente:
Valore "W" | Tipologia | Utilizzo | Assorbimento |
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Fino a W170 | farine deboli | per biscotti e dolci friabili. | circa il 50% del loro peso in acqua. |
Da W180 a 260 | farine medie | per pane, panini, pizza e pasta. | tra 55% e 65% del loro peso in acqua. |
Da W280 a 350 | farine forti | pane e pizza molto consistenti, o lievitati a lunga lievitazione (come le brioche). | circa 70% del loro peso in acqua. |
Oltre W350 | farine speciali | utilizzate per rinforzare farine più deboli (in rapporto di solito di 1 a 2). | fino al 90% del loro peso in acqua. |
Spesso nelle farine in commercio non è indicato il valore della forza (W), tranne in alcuni prodotti artigianali.
Solitamente comunque le farine generiche 0 e 00 hanno un valore W di 150, quelle specifiche per torte un valore tra W80 e W150, quelle specifiche per pizza un valore tra W200 e W280, le farine speciali (es. Manitoba) un valore tra W260 e W420.
In particolare la Farina Manitoba è ricavata da un grano particolare (è anche detta Farina Americana) che ha una forza molto elevata.
NOTA: il termine FARINA DI FORZA è il termine antico con cui si indicava appunto una farina con un elevato fattore W. Normalmente si mescolano 2/3 di farina 00 e 1/3 di farina Manitoba.
In ultimo, la farina autolievitante è una farina 00 specifica per dolci, a cui è già stato aggiunto il quantitativo ottimale di lievito chimico istantaneo.
Altre farine
Farina di farro: è il prodotto della macinazione del farro. Normalmente si utilizza, in abbinamento ad altre farine, per la produzione del pane o della pizza.
Farina di Kamut: il kamut è un tipo di grano originario dell’Africa.
La farina di Kamut è molto compatta e si utilizza principalmente nella produzione di pizza e pane. Ha un alto valore proteico.
Farina di mais: ottenuta dal mais, in Italia si usa per la preparazione della polenta; nella cucina messicana è l’ingrediente principale della preparazione delle tortillas.
La farina di mais ha diversi gradi di macinatura: quella più grossa è detta bramata, quella più fine è detta fioretto. Quella finissima ed impalpabile, infine, è detta fumetto, e viene utilizzata per la preparazione della Torta Sbrisolona.
Farina di riso: ottenuta dal riso, è di grande importanza nella cucina orientale.Principalmente la farina di riso è estratta dal riso bianco ed è essenzialmente amido puro, mentre è disponibile in commercio anche la farina ottenuta dal chicco intero.
Farina di ceci : ottenuta dal cece, è di grande importanza nella cucina indiana. In Italia è utilizzata in alcune preparazioni come la farinata in Liguria, o le panelle in Sicilia.
Fecola di patate o farina di patate: è ottenuta sfarinando le patate ed eliminando poi le fibre tramite lavaggio. Il residuo è principalmente amido con una piccola parte di proteina residua.
Farina di castagne: è ottenuta dalla macinatura delle castagne. In Italia è principalmente usata per la preparazione di dolci tra cui il celebre castagnaccio; inoltre, è usata anche per preparare la tradizionale varietà di polenta dolce. In Corsica la birra nazionale, la tipica Birra Pietra, è ottenuta con l’aggiunta di farina di castagne alla miscela in fase di lavorazione..
I Lieviti (e gli agenti lievitanti)
Il lievito di birra
E’ un organismo, appartenente al regno dei funghi, largamente utilizzato in cucina per la produzione di ogni tipo di lievitato, sia dolce che salato, oltre che nella produzione del vino e della birra appunto. La lievitazione avviene poiché questo microorganismo si ciba di zuccheri (contenuti nelle farine) e produce anidride carbonica come prodotto di scarto. E’ proprio l’anidride carbonica che produce microscopiche bolle che fanno gonfiare gli impasti.
Il lievito di birra fresco si trova nel banco frigo dei supermercati, in comodi panetti da 25gr; dura qualche giorno (sempre conservato in frigorifero) e 1 panetto serve alla lievitazione di 500gr di farina.
Meglio ancora sarebbe acquistarlo fresco a peso presso i fornai (i più forniti lo vendono, insieme alle farine). Ha una riuscita ancora migliore di quello in panetti ed è più potente.
Il lievito di birra fresco va sempre sciolto in poca acqua tiepida prima di unirlo alla farina per l’impasto.
Per comodità di conservazione, si trova in commercio anche il lievito di birra disidratato in bustine: sono bustine da 15gr, ed equivalgono ad 1 panetto da 25gr (tenete quindi conto delle equivalenze se utilizzate uno al posto dell’altro). Si può unire direttamente alla farina, ma sarebbe sempre meglio scioglierlo in poca acqua tiepida prelevata dal totale previsto dalla ricetta. Le bustine (per es. Paneangeli) per distinguerlo dal più comune lievito istantaneo recano quasi sempre la dicitura “lievita fuori dal forno“.
Il Lievito Madre o Pasta Madre o Pasta Acida
Anche se ho dedicato un intero articolo alla Pasta Madre, su come crearla, mantenerla ed utilizzarla (lo trovate QUI), due righe in questo articolo sono d’obbligo.
E’ un lievito vivo, che viene mantenuto sotto forma di pasta, si crea partendo da un impasto di farina ed acqua a cui vengono aggiunti alcuni attivatori che velocizzano l’insediamento dei lieviti nel composto, e che viene “nutrito” settimanalmente aggiugendo altra farina. Da questo lievito, dopo ogni procedimento di rinfresco, si preleva la parte che viene poi utilizzata come agente lievitante negli impasti come pane, pizza, dolci ecc. I prodotti così ottenuti hanno un sapore leggermente più acido, non hanno però sentore di lievito di birra e sono molto più digeribili. Inoltre, grazie ai microorganismi propri del lievito madre, il pane si conserva più a lungo senza seccare, fino anche ad una settimana.
In QUESTO ARTICOLO trovate anche una chiara spiegazione di come convertire le dosi di pasta madre e lievito di birra nelle ricette dei lievitati.
Il lievito chimico istantaneo
Si trova in commercio in bustine monodose solitamente da 15 gr, sia in versione per torte salate che per impasti dolci. Non c’è grande differenza e io li utilizzo in modo abbastanza indistinto. Chiaramente fate attenzione se per caso utilizzate il lievito vanigliato: in questo caso, poiché al lievito è aggiunta anche una dose di vanillina, non si può utilizzare negli impasti salati (a meno che non vi piacciano al sapore di vaniglia!).
Gli impasti con questo tipo di lievito vanno posti subito in forno. La lievitazione avviene poiché il lievito, scomponendosi, produce anidride carbonica che gonfia l’impasto.
I lieviti speciali : cremor tartaro e bicarbonato di ammonio
Il cremor tartaro è il nome con cui viene comunemente chiamato in pasticceria il bitartrato di potassio. E’ sale acido che serve da agente lievitante ed è utilizzato in alcune ricette specifiche; dona estrema morbidezza agli impasti senza appesantirli. Al contrario del lievito di birra, la lievitazione avviene poiché questo sale, scomponendosi, produce anidride carbonica che gonfia l’impasto. Viene venduto in bustine monodose, di peso da 10 a 15 gr. Si può utilizzare da solo o in abbinamento al bicarbonato di sodio (in questo caso, sostituire la normale dose richiesta di lievito da 50% cremor tartaro e 50% bicarbonato di sodio).
Il bicarbonato di ammonio (o ammoniaca per dolci) si utilizza in preparazioni specifiche, come per esempio per l’impasto dei cantuccini o di alcune crostate o biscotti. Rende gli impasti friabili e croccanti. La pasta cruda emana un forte odore di ammoniaca, che però si perde durante la cottura. Viene venduto in bustine monodose, normalmente del peso di 15gr.